sabato 25 gennaio 2014

CIELO DI PIOMBO, ISPETTORE GHIDON! EPILOGO


    Ben correva fortissimo: con il corpo rigido, ma con dinamismo atletico. Dietro di lui, a pochi passi Jovann' Eli era paonazzo e cercava a tutti i costi di reggere il suo ritmo forsennato. Più indietro ancora c'era Pereira, che non si curava per nulla e procedeva a passo normale, mentre degustava uno yogurt che reggeva con una mano e un tozzo di pane che reggeva con l'altra (era la sua cena).  Giunto in fondo alla via entrò dalla porta di un condominio e continuò la sua corsa su per le scale. Jovann'Eli era ormai al limite delle sue possibilità, era completamente sudato e i suoi capelli e le sue basette di un nero accesamente mediterraneo grondavano come fossero le cascate di David nelle riserva di Ein gedi. La sua gola era arida come i dintorni del mar Morto. I suoi occhi erano rossi come l'acqua del Nilo durante la prima piaga d'Egitto. Dentro di sè si chiedeva ripetutamente perchè aveva accettato l'invito dell'amico. Fortunatamente, appena varcata la soglia del condominio si accorse che c'era l'ascensore. Balzò dentro con le sue ultime energie, pigiò il bottone: ventesimo piano, giardino pensile, o meglio גינת גג קומה העשרים e perse i sensi mentre l'ascensore cominciava a salire. Nel frattempo Ghidon era già al quinto piano. Correva velocemente con una postura che ricordava vagamente quella di Tom Cruise quando corre: petto in fuori e passi rapidi con altissima frequenza, testa indietro. Pereira era ancora a cento metri dall'edificio e faceva girare tra le mani un siclo, nulla poteva distoglierlo dalla sua tranquilla e beata inettitudine.
   Ben correva correva. Arrampicò gli ultimi gradini e si trovò nei giardini pensili di Babilonia, o questo era quello che sembrava quella magnifica distesa di natura. Ma non c'era tempo per la botanica: corse fino al bordo del terrazzo, si infilò tra i cespugli, estrasse il suo Menorah gun e fece partire un colpo, anzi sette colpi. A trecento metri dopo pochi istanti tra le tribune numerate dello stadio, nel settore popolare, sette loschi figuri caddero all'istante feriti in modo grave. La gente intorno si alzò e ci fu molta confusione. Ci fu panico. Giunse la polizia e scoprì che ciascuno di quei sette individui aveva in tasca un detonatore. Lo stadio fu fatto evacuare. Le bombe furono scoperte e fatte brillare.

   Mentre tutto questo succedeva Ben Ghidon era già a casa e stava già preparando una delle sue insalate di riso. Aveva vinto una battaglia, ma c'era ancora un guerra e il generale dello schieramento avversario era tutt'altro che battuto.

   Da poco pure Jovann'Eli era stato ritrovato  ancora privo di sensi da una coppia di vecchietti che volevano prendere l'ascensore. Chiamarono l'ospedale, fu lì curato e dopo pochi giorni fu dimesso e sembrava quasi come prima.

Pereira stava ancora facendo roteare il siclo tra le sue dita.

Il signor G. era arrabbiatissimo. Era così nero come non lo era mai stato in viso e gridava forsennatamente: "Chi? Chi? Chi ha osato ostacolare il mio piano?"

Il suo avvocato Emmet Mutson sempre con il suo ghigno plastico sul volto non disse nulla.

La città era salva, ma non si sapeva chi era stato l'eroe.
Solo dopo qualche giorno la stampa pubblicò il risultato delle analisi e rese pubbliche le immagini dei proiettili che avevano colpito i terroristi. Su ognuna di loro c'era una stella a sette punte incisa e all'interno c'era la scritta


Kosher Texas Ranger.

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