sabato 14 settembre 2013

CAPITOLO 1



Il capitano era furioso:

«La finisca, Ghidon. E si prenda sessanta giorni di sospensione»
«Meglio novanta...»
«...centoottanta e fuori il distintivo»
Tenendo in mano il distintivo appena strappato dall'uniforme ben Ghidon, con la sua tipica espressione dura e sprezzante, disse:
«E' una bella supposta a sei punte, ne approfitti...»
«Che cosa vuol dire?»
«Dico che puo' schiaffarsela nel didietro!»
Sbattendo la porta ben Ghidon uscì in strada. Non era uso a scendere a compromessi. Il capitano l'aveva deluso per l'ultima volta e ben Ghidon non era il tipo di persona che conviene deludere.
Sulla strada di casa Ben vedeva malessere, volgarità e desolazione. Vedeva ingiustizia sociale per il suo popolo e per gli altri popoli. Questa sua tristezza non traspariva dalla sua scorza che appariva costantemente dura a uno sguardo superficiale, ma chi lo conosceva bene poteva scorgere in quella kippà un po' pendente un tipico segno rivelatore. Ben era molto attento quando indossava la sua uniforme o il suo abbigliamento per le missioni in borghese: la kippà eccessivamente pendente rivelava una distrazione che solo il suo senso di desolazione poteva avere concesso.
Sulla strada di casa, si fermò ad acquistare degli alimenti kosher; anche se non era un ebreo ortodosso, aveva ereditato dalla famiglia alcune abitudini che perpetuava, sempre impassibile, in maniera automatica. A dire il vero, Ben non era neppure credente. Era da anni che non andava in sinagoga. In lui era rimasta solo una certa quantità di gesti svuotati e snaturati. Rispettava il sabato, ma non pregava, certo non sparava neppure. Questo in effetti era stato un problema per lui, così come era stato un problema per tutta la comunità, perchè metteva per un giorno su sette la criminalità in una situazione di evidente vantaggio. Ma le tradizioni sono tradizioni.
Stava ormai calando il sole del venerdì. Sarebbe riuscito ad arrivare a casa in tempo per il riposo dovuto? Però Ben non era tranquillo dentro, era pieno di rabbia e di rancore. I suoi metodi erano giudicati poco ortodossi, aveva una certa inclinazione a rispondere alla violenza con violenza e un irrispettoso senso di schiettezza lo portava spesso a reagire alla stupidità delle persone senza tenere conto della loro posizione; era successo per esempio con il capitano. A lui non importava. Poteva essere il profeta Elia in persona, appena sceso dal suo carro di fuoco, ma se si fosse comportato così, gli avrebbe riservato comunque lo stesso trattamento.
La vita della strada aveva trasformato la gentile pelle con cui si era presentato il primo giorno di accademia in una pellaccia dura e ricoperta di pelo ispido e appuntito. Quel poco di calore umano che lo animava nei giovanili festeggiamenti di Pesach era stato trasformato dalla strada in un nucleo di ghiaccio.
Ormai aveva pochi amici e i contatti umani erano prevalentemente costituiti da violenti scontri nelle periferie più malfamate. Nemmeno il ricordo del compagno d'accademia Jovann' Eli con cui aveva diviso ore felici mangiando pane azzimo e humus poteva dare al suo volto un sorriso. L'unico sorriso che la sua bocca gli concedeva era di tanto in tanto una beffarda espressione di sfottò verso qualche incompetente superiore.
Il sole stava sparendo ormai del tutto mentre Ben apriva la porta del suo squallido appartamentino. Dal lavandino un odore fastidioso di piatti non lavati pervadeva l'aria.




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